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Il Social Football Responsibility Manager del club emiliano: “Il lavoro di UEFA e ECA negli ultimi anni in termini di sostenibilità è stato incredibilmente proficuo”

La sostenibilità come perno centrale nei processi aziendali anche nel calcio e nello sport in generale. Il Sassuolo è uno dei club di Serie A che nell’ultimo decennio si è distinto anche sul piano delle pratiche sostenibili, oltre che dei risultati sportivi. Alec Invernizzi, Social Football Responsibility Manager del Sassuolo, racconta a Sostenibileoggi.it alcuni dei progetti ESG del club emiliano, analizzando i pericoli del greenwashing.

Cosa significa la sostenibilità oggi per un club di calcio?

Il Sassuolo Calcio ha sempre fatto della sostenibilità finanziaria un punto cardine della propria strategia di business, sia dal punto di vista sportivo, sia dal punto di vista aziendale. Al giorno d’oggi, è raro riscontrare un club di calcio che operi in costante utile. Avere un piano industriale sano, funzionante e, appunto, sostenibile è il primo passo per acquisire credibilità e coerenza agli occhi di chi guarda ed è appassionato. Per quanto riguarda la sostenibilità in termini ESG, è bene distinguere la sfera sociale dalla sfera ambientale. Oggi un club di calcio di primo livello deve integrare ai diversi processi aziendali una strategia di sostenibilità efficace e credibile, che non agisca separatamente e in maniera a sé stante, ma che sia costantemente intrinseca all’attività aziendale stessa. Nel 2024, il concetto di sostenibilità non può più essere inteso come un processo indipendente, ma deve essere riconosciuto come un pilastro fondamentale a supporto del core business di una azienda. Grazie all’importanza del megafono sociale che possiedono i club, è necessario che questi si facciano portatori di progetti e attività di valore, cosicché possa essere originato un effetto a cascata sulla società civile e su tutti gli stakeholder che operano nell’industria sportiva italiana.

Il club è stato premiato a fine 2023 per “Trust in the Future”, ci racconta i progetti a cui tiene di più la società dal punto di vista ambientale e sociale?

Il premio è stato attribuito per l’impegno del club nel lavoro con il mondo giovanile, punto cardine della strategia del club, ma anche per la visione al futuro che il club dimostra giornalmente in termini sociali e ambientali. Il progetto giovani per eccellenza della società si chiama ‘Generazione S’, un modello innovativo nel rapportarsi con le società dilettantistiche ma anche le scuole e tutte le associazioni che agiscono nella crescita delle nuove generazioni. Per quanto riguarda un’iniziativa sul piano della sostenibilità sociale, il club ha deciso di devolvere l’intero incasso della partita contro la Fiorentina del giugno 2023 a sette società dilettantistiche del romagnolo, colpite dall’alluvione del giugno scorso. Dal punto di vista della sostenibilità ambientale riduce durante i propri eventi (comprese le gare casalinghe) l’utilizzo di materiali inquinanti, prediligendo materiali riciclabili. Peraltro, in sede avviene la regolare raccolta differenziata, sono stati installati dei depuratori di acqua per eliminare l’uso di bottigliette in plastica e la fornitura di acqua avviene tramite brick in cartone, forniti da un partner.

Quanto la sensibilità sociale può far rima con il greenwashing? È un rischio sempre presente nel mondo del calcio?

La linea è molto sottile: spesso si rischia di realizzare attività ed attivazioni sostenibili, a fronte di una gestione ordinaria tutto fuorché sostenibile. Il concetto è quello esposto in precedenza, e cioè che la sostenibilità non può più essere intesa come un insieme di attività spot, inconciliabili con il core business di un’azienda, ma deve essere concepita come un pilastro portante della strategia aziendale in senso lato, che vada a toccare tutti i processi dell’azienda a 360 gradi. Probabilmente il rischio di greenwashing, dal punto di vista sociale, esiste nel momento in cui sul campo avvengono episodi in contrasto con le politiche dei club, chiaramente senza che il club ne abbia il completo controllo. Oppure, il rischio di greenwashing aumenta nel momento in cui tali iniziative vengano utilizzate per campagne di comunicazione e di marketing, quando il confine tra attività concreta e disinteressata e mera pubblicità rischia di confondersi.

Arrivano gli Europei tedeschi annunciati all’insegna della sostenibilità. Le Istituzioni europee e mondiali su cosa devono puntare affinché non sia solo una sostenibilità di facciata?

Il lavoro di UEFA e ECA negli ultimi anni in termini di sostenibilità è stato incredibilmente proficuo, realizzando campagne, attività e implementazione concrete e tangibili, indirizzate ai vari stakeholder dell’ecosistema calcistico. La UEFA concepisce il prossimo europeo come un evento spartiacque per la sostenibilità nel calcio: in questo senso, è stata realizzata una Sustainability Strategy per il torneo, che si appresta ad essere più sostenibile che mai. È bene che quanto di buono sarà fatto in Germania la prossima estate sia da esempio per qualunque istituzione mondiale. Creare una strategia, un piano d’azione mirato, serio e soprattutto applicabile è il primo passo per dare concretezza e farlo in una logica di insieme, cosicché l’impatto possa godere di un effetto moltiplicatore notevole. Come già annunciato, il calcio non può che essere un volano importante per la società civile e tutti gli attori che ne fanno parte: se la strategia architettata per Germania 2024 si rivelerà efficace, allora le istituzioni, non solo calcistiche o sportive, globali avranno il dovere di emulare la UEFA e concepire un proprio piano strategico in ottica sostenibile. È bene sottolineare come la stessa UEFA, per la stesura della propria strategia di sostenibilità (Strength Through Unity 2030), ha utilizzato il modello degli SDG partorito dall’ONU. La sostenibilità deve essere un punto cardine del prossimo futuro e le istituzioni globali devono farsi trovare pronte, sarebbe controintuitivo il contrario.

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