Tempo di lettura: 3 minuti

Loading

Il presidente della Lega di Serie A racconta a SostenibileOggi.it l’importanza di Calcio Social Responsibility, la prima strategia di sostenibilità nel calcio europeo

Inclusione, rispetto delle diversità, promozione dei diritti umani, tutela ambientale. Il calcio italiano è stato scelto lo scorso anno dall’Uefa come progetto pilota europeo per la sostenibilità. La Serie A infatti è la prima lega nel Vecchio Continente a stilare un documento – Calcio Social Responsibility – che presenta una strategia di sostenibilità suddivisa in 20 capitoli (che simboleggiano l’unità dei 20 club di A) con l’obiettivo di supportare progetti articolati in 11 policy, di cui sette sui diritti umani e quattro sulla tutela ambientale. Lorenzo Casini, presidente della Lega di Serie A, racconta a SostenibileOggi.it il percorso ambizioso della massima serie, che punta a perseguire e concretizzare gli obiettivi di sostenibilità prefissati entro il 2030, monitorando e misurando i risultati attraverso specifici indicatori di performance. 

 Presidente, come si è sviluppato il feeling sostenibile con l’Uefa?

 Il documento è il risultato di questo accordo importante con l’Uefa e del lavoro intenso svolto dagli uffici della Serie A, ai quali va dato il giusto riconoscimento. Con il Direttore della Sostenibilità Sociale e Ambientale dell’Uefa, Michele Uva, che ringrazio, si è individuata la nostra lega come progetto pilota in Europa per produrre un documento organico che metta assieme quello che fanno i singoli Club e che può fare la Lega. Lo scopo della strategia è potenziare gli interventi lungo tutte e tre le direttrici sintetizzate dall’acronimo ESG. Nel progetto si articolano le varie declinazioni della sostenibilità, soprattutto con riguardo al ruolo sociale del calcio, dalla promozione dei diritti umani alle iniziative contro ogni forma di discriminazione e razzismo. 

 Qual è l’obiettivo principale della Lega?

 La Lega di Serie A, come organo di vertice del calcio professionistico in Italia, deve elaborare la strategia complessiva, curando la promozione di politiche e iniziative a livello nazionale in ambito sociale e della tutela ambientale. Al tempo stesso, dobbiamo anche promuovere la conoscenza dei tanti progetti già realizzati e che hanno avuto sinora solo rilevanza a livello territoriale. Penso per esempio alla Junior Tim Cup, il torneo di calcio under 14 con oltre 6.000 oratori delle città in cui si gioca il campionato italiano. La pratica sportiva e le gare, infatti, vengono affiancate e arricchite in parallelo da incontri formativi, iniziative di sensibilizzazione e momenti di riflessione, grazie anche alle testimonianze dirette di protagonisti del mondo del calcio. Anche le singole società per fortuna fanno già molto per favorire la sostenibilità sociale, in collaborazione con associazioni e istituzioni locali. 

 Ci racconta qualche altro progetto poco conosciuto ma che merita la ribalta?

Sono tanti gli esempi che potrei citare perché i club lavorano su numerosi programmi di inclusione e uguaglianza. Mi ha colpito il Cagliari, che fa allenare i bambini congiuntamente da tecnici uomini e donne, così da abituare i ragazzi ad avere un rapporto immediato e diretto con la parità di genere. Sul tema della disabilità è molto attivo l’Empoli, e voglio anche ricordare il lavoro fatto da tutte le società sulla promozione della pace a seguito del conflitto in Ucraina. Ma tanto altro ancora si può e si deve fare.  

Come si “tengono sulla corda” i club sul sentiero della sostenibilità ESG?

Sono temi da trattare insieme con la Figc. Per esempio, la figura del manager CSR potrebbe con il tempo diventare un requisito obbligatorio per l’iscrizione al campionato. Però la sostenibilità va proposta sempre con azioni positive, proattive. Per esempio, è giusto e necessario che vi siano sanzioni severe per gli episodi di razzismo, ma sappiamo che servono anche iniziative di educazione e promozione della cultura dell’inclusione, partendo nelle scuole, per tentare di sradicare davvero in via definitiva questo triste fenomeno. 

 Sulla sostenibilità, cosa chiede la Lega di Serie A al Governo?

Il governo è impegnato in sede nazionale, ma ricordiamo anche il ruolo delle amministrazioni locali e territoriali. Vorremmo lavorare insieme per risolvere il problema stadi. E’ sotto gli occhi di tutti che la maggior parte degli impianti è inadeguata, anche da un punto di vista di sostenibilità ambientale o in termini di inclusione. Esiste anche il nodo degli impianti di proprietà dei club, che in Italia sono pochi, ma non dimentichiamo che in Germania per esempio, dove gli stadi sono anche di proprietà pubblica, gli impianti sono all’avanguardia. Il ministro dello Sport Andrea Abodi si è impegnato per istituire una cabina di regia e così cercare di risolvere i tanti problemi amministravi e ne siamo felici. In Italia, infatti, l’urgenza è superare i nodi della burocrazia e aiutare i Comuni e le società ad avere stadi all’altezza della storia e della tradizione d’eccellenza del nostro calcio.

Articoli correlati