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Quattro squadre suddivise per livello di abilità. Il responsabile del progetto a SostenibileOggi.it: “Progetto sportivo ad alto impatto sociale”

Sette anni fa la Juventus ha “adottato” l’associazione Pinerolo FD per aderire al torneo di calcio a 7 dedicato esclusivamente ai ragazzi con disabilità cognitive e relazionali, nato grazie al protocollo d’intesa tra siglato tra Centro Sportivo Italiano (CSI) e la Federcalcio. Così è nato il progetto Juventus for Special: quattro squadre suddivise per livello di abilità (Livello 1-2-3-4), staff tecnici composti da un allenatore e da figure educative che sostengono i disabili nella gestione delle sensazioni fornite dagli allenamenti, dalle partite. Il focus è incentrato sull’abilità dell’atleta paralimpico, non sul tipo di patologia o sulla problematica sociale che esiste nella sua vita. Per uno sguardo diverso verso la disabilità, smontando i paradigmi del passato, come racconta a Sostenibileoggi.it Marco Tealdo, il coordinatore del progetto della squadra paralimpica del club bianconero

L’Italia è l’unico Paese in cui la federazione ha inglobato il calcio paralimpico, non ci sono altri esempi a livello mondiale con un settore dedicato, è una battaglia culturale vinta, siamo stati i capostipiti della rivoluzione”, spiega Tealdo, “Il calcio per disabili era inserito in attività sociali e cliniche, il nostro lavoro fatto in sinergia con Juventus dice invece che il calcio è calcio, non ci si deve accontentare di far parte di una federazione parallela, sarebbe come accettare un discrimine: giochiamo a calcio e vogliamo appartenere all’ente che lo organizza, ossia la Figc. Si tratta di calcio agonistico, c’è l’ambizione da qui a 50 anni che una persona disabile che vive a Verona possa ambire a giocare nel Verona, ovviamente bisogna tener conto dei casi specifici, deve esserci un settore dedicato, non una classe speciale”.

Il coordinatore del progetto evidenzia che nel progetto Juventus for Special al Livello 1 ci sono anche ex atleti, ex calciatori che facevano sport prima dell’insorgenza del problema, spesso psichiatrico e che quindi non hanno potuto più reggere certe pressioni, per poi ritrovare in questo circuito il calcio, lo spogliatoio, le sensazioni di vittorie e sconfitte. 

Dobbiamo insistere sul concetto che si tratta di un progetto sportivo, certo ad altissimo impatto sociale, ma che resta sportivo. Diciamo no all’accostamento costante disabile-terapia, noi facciamo calcio e questo principio si integra al meglio con la Juventus”, spiega Tealdo, che ricorda anche i tornei giocati all’estero dalla Juventus for Special: l’ultimo in Austria con Rapid Vienna, Admira Wacker, Bayer Leverkusen e club nordeuropei

Con la Juventus abbiamo trovato un rapporto sostanziale, una visione condivisa e non sull’immagine, capendo insieme obiettivi sportivi e sociali, culturali, di prospettiva. Come si vede dal lavoro fatto nelle scuole, dove andiamo a raccontare Juventus for Special, c’è voglia di fare una rivoluzione culturale cambiando approccio alla visione della disabilità, per raccontare che c’è modello di disabilità vincente, smontando l’immagine triste del disabile visto come sfortunato, in una condizione di inferiorità nella società incentrata sull’abilismo. Quindi, smontando i paradigmi esistenti, attraverso l’aiuto di educatori, psicologi, si può determinare una visione differente della disabilità. La Juve ci ha sempre riconosciuto la nostra competenza, da azienda che produce calcio ci ha lasciato carta bianca. Ci piacerebbe un giorno – aggiunge il coordinatore di Juventus for Special – che venisse organizzata la Champions League delle squadre di calcio paralimpiche, un Mondiale per club: si deve ambire al massimo, se penso a che punto si era 10 anni fa…E poi vorremmo continuare a far parte pienamente della Juventus, proseguendo il percorso con il club, provando che la battaglia sull’inclusione continua a produrre risultati”.

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